EUROPEI UNITE

Tempo di valutazioni per le strategie macroregionali dell’Ue: un bilancio in chiaro-scuro che testimonia le difficoltà di un processo che non va abbandonato

13 January 2017
Categoria: Affari generali,

1. Considerazioni introduttive. - Il 16 dicembre 2016 la Commissione europea ha presentato una relazione relativa all’attuazione delle strategie macroregionali dell’Ue (COM(2016) 805 final), queste nuove aree funzionali che per ora interessano le regioni baltica (EUSBSR, COM(2009) 248 definitivo), danubiana (EUSDR, COM(2010) 715), adriatico-ionica (EUSAIR, COM(2014) 357 final) e alpina (EUSALP, COM(2015) 366 final).Questo esame si è reso necessario a sette anni dal varo della prima strategia macroregionale europea, quella che ha riguardato il Mar Baltico, e dopo che la Commissione, incoraggiata dagli Stati, dai governi e dalle amministrazioni regionali e locali e dal Consiglio europeo, ne ha istituite altre tre in brevissimo tempo.

Peraltro, allo studio dell’Ue e degli Stati interessati ce ne sarebbero almeno altre quattro: le strategie regionali del Mare del Nord, dell’arco Atlantico, del Mar Nero e dei Carpazi.La Commissione ha deciso che, a partire da questa, presenterà ogni due anni una relazione di valutazione di ciascuna delle quattro strategie (ed eventualmente di quelle che si aggiungeranno), legandole però in un unico documento, in modo da non trattare separatamente le questioni, anche per consentire un’analisi e un confronto in parallelo. La prossima quindi è in programma per dicembre 2018.La relazione è elaborata in modo da raggiungere due obiettivi: da una parte intende valutare lo stato di attuazione delle strategie, tracciare il bilancio dei principali risultati raggiunti e illustrare esempi concreti di buone pratiche; dall’altra, si propone di formulare raccomandazioni sui possibili ulteriori sviluppi, tenendo presente gli insegnamenti appresi dall’esperienza finora acquisita e la futura ridefinizione della politica di coesione. Essa inoltre è accompagnata da un documento di lavoro e di approfondimento preparato sempre dalla Commissione, che entra più nel dettaglio di ogni singola strategia (SWD(2016) 443 final).

Prima di analizzare nello specifico il contenuto della relazione della Commissione, può essere utile fornire qualche breve riferimento circa le caratteristiche più importanti delle strategie macroregionali. Sono strumenti messi a punto dall’Ue per fornire un quadro politico e giuridico all’interno del quale è più semplice sviluppare forme di cooperazione tra Stati membri e non membri, regioni, municipalità e altri enti di amministrazione decentrata, per rispondere a sfide comuni e raggiungere obiettivi congiunti coordinando le risorse dei partecipanti; per questo è molto marcata e incoraggiata la dimensione transnazionale e transfrontaliera e si innesta direttamente nella politica di coesione dell’Unione. Le strategie si strutturano intorno a macro-obiettivi denominati “pilastri”, a settori prioritari di intervento e ad azioni orizzontali (o trasversali). Seppure si stia proponendo, almeno sulla carta, come ulteriore livello della multi-level governance europea, è condizionata dalla c.d. dottrina dei tre “no”, ossia il divieto di creare nuovi finanziamenti, istituzioni e normative. Questa impostazione così rigida è stata temperata dal Consiglio europeo con le sue conclusioni del giugno 2011 con cui ha lanciato la c.d. dottrina dei tre “sì”, cioè il via libera alla complementarietà dei finanziamenti, al coordinamento degli strumenti istituzionali e alla definizione di nuovi progetti. Questo vuole dire che per attuare le strategie macroregionali è necessario fare ricorso a tutti gli strumenti di finanziamento esistenti a livello comunitario, sia quelli diretti gestiti dalla Commissione (Horizon 2020, LIFE, Erasmus, COSME, etc.), sia quelli indiretti, cioè i Fondi strutturali e di investimento europei, sia quelli della cooperazione territoriale, come lo Strumento di assistenza preadesione (IPA) rivolto agli Stati candidati e potenziali candidati all’adesione all’Unione o lo Strumento europeo di vicinato (ENI) destinato ai paesi del vicinato orientale e meridionale. Infine, le strategie macroregionali dell’Ue sono state concepite per coinvolgere anche i paesi terzi, sia quelli di futura adesione, in quanto hanno avviato i negoziati da tempo, che quelli del partenariato orientale e della sponda meridionale del Mediterraneo.

2. La valutazione delle questioni trasversali. – Prima di illustrare la valutazione di ogni singola strategia è doveroso dare conto delle questioni trasversali alla base delle strategie macroregionali, ossia quegli elementi comuni che rappresentano l’ossatura basica di questi strumenti. La definizione e la pianificazione delle politiche tiene conto di quei settori che possono essere sviluppati con maggiore efficacia e efficienza dalla cooperazione tra Stati e territori: ricerca, clima, ambiente, trasporti, ad esempio, rappresentano alcuni asset strategici che le strategie macroregionali possono e devono potenziare. Per questo le iniziative e le azioni ad essi connesse, come i forum annuali e le riunioni ministeriali, necessitano di uno slancio e di un maggiore coordinamento all’interno e tra i paesi interessati per produrre i risultati attesi. Altra questione trasversale è la governance delle strategie che, stando alla relazione, occupa un posto centrale nelle preoccupazioni della Commissione, in quanto da una parte è l’aspetto che sta creando più problemi, dall’altra rappresenta la precondizione affinché le strategie possano funzionare bene e perseguire i loro obiettivi. Dalla governance, in buona sostanza, dipende il funzionamento interno delle strategie e la possibilità di portare avanti il processo con successo. I casi più complessi sono quelli di EUSAIR e EUSALP, ma almeno quest’ultima ha la scusante di essere stata avviata da pochi mesi. Per la prima è dovuta addirittura intervenire la Commissione per compensare la continua scarsità di risorse conferite dagli Stati parti e di partecipazione alle riunioni del gruppo direttivo, oltre che ai ritardi nella nomina dei membri agli organi esistenti. La Commissione ha fatto notare che, senza il suo sostegno, si sarebbe potuto bloccare l’intero processo e che «tale approccio non è né sostenibile né auspicabile». Altre questioni trasversali comuni sono: la questione del monitoraggio e della valutazione che, sulla scorta del positivo esempio della strategia danubiana, dovrebbe prevedere la messa a punto di specifici indicatori; il finanziamento, che deve tenere conto del necessario allineamento tra strumenti e opportunità di finanziamento e strategie e, in questo senso, occorre incoraggiare il dialogo tra i protagonisti della strategia e le autorità di gestione dei programmi; la comunicazione, che deve essere un elemento strutturale, anche per sensibilizzare il grande pubblico circa le azioni pianificate, i risultati auspicati e i vantaggi per la popolazione.

3. Le singole strategie macroregionali: come procede la loro attuazione? Risultati raggiunti e sfide aperte – La strategia regionale dell’Ue per la regione del mar Baltico (EUSBSR) lanciata nel 2009, è stata la prima in assoluto. Nei sette anni di attuazione senz’altro ha potuto raggiungere più risultati delle altre e ha potuto fare tesoro degli errori commessi e delle sfide ancora da affrontare. A differenza delle altre tre strategie, questa è totalmente interna all’Ue, cioè gli Stati che la compongono sono tutti membri dell’Unione [1]. I risultati raggiunti hanno riguardato soprattutto i settori della pesca, della tutela dell’ambiente, della formazione professionale e dell’energia, che hanno potuto contare su un miglioramento della cooperazione tra gli Stati parti e il lancio di strumenti di finanziamento come il Seed Money Facility e Interreg per la regione baltica. Da segnalare anche il buon funzionamento del sistema di multi-level governance messo in piedi per realizzare i progetti faro e in generale per far funzionare la strategia efficacemente ed efficientemente. Ciò è evidente dalla partecipazione attiva di una moltitudine di attori, istituzionali e non, come università, autorità nazionali, regionali e locali, ONG, imprese, organizzazioni regionali, etc. Nonostante gli incoraggianti risultati raggiunti, rimangono aperte molte sfide come: il miglioramento delle condizioni ambientali del Mar Baltico (sempre soggetto a fenomeni di inquinamento come ad es. l’eutrofizzazione), il potenziamento della connettività energetica e trasportistica, la risposta da dare all’aumento dei migranti e il perfezionamento del processo di elaborazione delle politiche. Inoltre, come messo in luce dal documento d’accompagnamento, non tutti i paesi dell’EUSBSR hanno destinato sufficienti risorse, tempo e sostegno amministrativo all’attuazione della strategia e l’allineamento dei fondi deve essere migliorato. Inoltre non c’è ancora una piena consapevolezza della Strategia stessa, del suo ruolo e delle sue potenzialità e questo perché la comunicazione non è stata sempre eccellente. Deve essere messo a punto un sistema di misurazione e monitoraggio affidabile, che possa contare anche su specifici indicatori e banche dati attendibili e comparabili a livello statistico. Infine EUSBSR sconta ancora la mancanza di strumenti di ricerca dei partner e le difficoltà di trovare e attirare attori con competenze adeguate (SWD(2016) 443 final, p. 16 ss). La Commissione, infine, formula anche delle raccomandazioni, tra cui l’effettivo sostegno amministrativo e la garanzia di risorse sufficienti per il lavoro quotidiano, una più frequente organizzazione delle discussioni politiche riguardanti l’EUSBSR a livello nazionale nei parlamenti o nei governi, il miglioramento dell’allineamento della strategia con tutti gli strumenti di finanziamento, il pieno utilizzo delle possibilità di finanziamento provenienti dai fondi strutturali, un miglioramento della governance interna, il potenziamento delle competenze e della capacity building degli stakeholder e la promozione di una partecipazione quanto più ampia possibile che tenga conto dei settori pubblico e privato e degli attori locali e regionali.

La strategia regionale dell’Ue per la regione del Danubio (EUSDR), presentata dalla Commissione nel dicembre 2010 e approvata dal Consiglio nell’aprile 2011, è stata la seconda strategia macroregionale ad essere adottata dall’Ue ed è anche quella composta da più Stati [2]. I risultati più evidenti raggiunti da EUSDR si sono avuti nel campo della protezione ambientale del Danubio (DanubeParks 2.0), del ripristino e della manutenzione dei tratti navigabili, della gestione dei rischi naturali dovuti ai cambiamenti climatici (Seerisk, CC-Ware), della tutela della fauna, in primis dello storione, alimento base e elemento centrale nell’economia di molte realtà danubiane (Sturgeon 2020). Inoltre essa ha migliorato la cooperazione tra autorità nazionali e regionali, la collaborazione e i rapporti tra i promotori dei progetti e il dialogo continuo tra le organizzazioni della società civile. Infine si è dimostrata capace di fornire un contributo fattivo alla strategia di allargamento dell’Ue e alla politica di vicinato visto che cinque paesi parti su quattordici non sono attualmente membri dell’Unione. Uno strumento finanziario finora ottimamente utilizzato per attuare la strategia è stato il programma transnazionale Interreg Danubio, che copre la stessa area geografica di EUSDR e sostiene la governance della strategia, mentre i paesi parti hanno creato il Danube Strategy Point – operativo dal giugno 2015 – utilizzato per il monitoraggio, la comunicazione e il sostegno ai coordinatori dei settori prioritari. Come per EUSBSR, a fronte di alcuni risultati positivi e obiettivi parziali raggiunti, la strada da percorrere è ancora lunga. Le sfide infatti, oltre a quelle che hanno incoraggiato la creazione di una strategia per la regione (inquinamento, crisi economica e scarsa crescita, insicurezza, collegamenti trasportistici e energetici da potenziare), sono aumentate e si sono estese a problematiche particolarmente delicate come gli imponenti flussi migratori, il terrorismo e la sicurezza globale. Da migliorare inoltre lo slancio politico, i meccanismi di coordinamento nazionali, la capacità amministrativa di risolvere i problemi attuativi e l’allineamento dei fondi e dei programmi comunitari, vista anche la profonda disparità economica e sociale che connota la macroregione. Dal punto di vista della governance, il 2017 segnerà l’avvio di una nuova fase dal momento che gli organismi dell’EUSDR riceveranno il supporto soprattutto dal programma transnazionale Interreg Danubio sulla base delle norme relative alla cooperazione territoriale europea (ad es. il tasso di cofinanziamento fissato all’85%) e questo dovrebbe consolidare ulteriormente le attività dell’EUSDR e promuovere la responsabilità da parte degli Stati partecipanti. Precedentemente, nello specifico nei primi tre anni, tali organismi hanno goduto del sostegno diretto della Commission Technical Assistance, nei successivi due di quello indiretto del Danube Strategy Point. Le raccomandazioni elencate nel Commission Staff Working Document sono sostanzialmente le stesse della strategia regionale del Baltico. Di specifico c’è l’introduzione di un meccanismo per la rotazione regolare e periodica dei coordinatori dei settori prioritari di intervento, in modo da migliorare la titolarità globale dell’EUSDR da parte delle amministrazioni nazionali e regionali. Il vuoto di titolarità, infatti, produce una scarsa se non nulla responsabilità politica e operativa, che si riflette sulla buona ed efficace attuazione della strategia (SWD(2016) 443 final, p. 33).

La terza strategia macroregionale ad essere stata varata dall’Ue ha riguardato il bacino dei mari Adriatico e Ionio (EUSAIR). Presentata dalla Commissione nel giugno 2014 e approvata pochi mesi dopo dal Consiglio europeo, ha potuto contare su uno strumento di cooperazione transnazionale già esistente da quindici anni, ossia l’Iniziativa adriatico-ionica, lanciata dal 2000 con la Dichiarazione di Ancona che aveva già favorito qualche forma di collaborazione e confronto tra attori istituzionali e della società civile come università, città costiere dei due mari, Camere di commercio e realtà imprenditoriali (ai tempi non ne facevano parte Serbia e Montenegro). La Commissione, innanzitutto, ha riconosciuto che risultati degni di nota non si sono potuti ancora raggiungere vista la giovane età della strategia e che questi, per ora, si sono avuti specialmente nella definizione delle strutture e delle regole di governance. A tal proposito risulta positiva l’istituzione del Facility Point. Anche dal punto di vista della creazione di uno strumento di supporto finanziario qualcosa è stato fatto, si pensi al programma Interreg ADRION [3]. Da rimarcare anche gli sforzi profusi per promuovere una cooperazione stabile tra le autorità dei programmi dei Fondi SIE e dello strumento di assistenza preadesione (IPA) e i principali responsabili dell’attuazione della EUSAIR [4]. Un altro risultato da evidenziare, strumentale al futuro funzionamento della strategia, è stato il 1° Forum EUSAIR tenutosi a Dubrovnik (Croazia) nel maggio 2016, in cui si sono incontrati, hanno scambiato esperienze e opinioni e gettato le basi per il lavoro futuro, i ministri degli esteri degli otto paesi parti, i rappresentanti delle amministrazioni regionali e locali, la Commissione europea – anche con le sue Direzioni generali – e gli stakeholder e gli esponenti delle istituzioni e delle organizzazioni della società civile (università, imprese, associazioni ambientaliste, camere di commercio, etc.) [5]. Altri risultati non se ne trovano, neanche nel documento più approfondito preparato dai servizi della Commissione, ma solo auspici e raccomandazioni per la futura attuazione (cooperazione con altre strategie macroregionali, visto che diversi Stati sono parti anche delle strategie danubiana e alpina, migliore allineamento dei finanziamenti e dei programmi Ue, migliore coordinamento tra i pilastri e via dicendo). Le sfide come anche le carenze, invece, sono molte e sono sia di origine interna che esterna: le prime riguardano soprattutto le insufficienti risorse messe a disposizione dagli Stati parti, le seconde la pesante crisi migratoria e dei rifugiati (il riferimento esplicito è alla c.d. rotta dei Balcani). Ma altre debolezze si registrano sul lato delle risorse umane, amministrative, finanziarie e tecniche e del vuoto di leadership, impegno e titolarità delle amministrazioni coinvolte. Le raccomandazioni dei servizi della Commissione risultano essere fattibili, ma alcune anche ambiziose. Tra gli altri si annoverano: un aumento degli scambi culturali ed educativi e l’integrazione dei migranti e dei rifugiati nel mercato del lavoro degli Stati parti, una migliore sinergia e complementarità nel pilastro sui collegamenti di trasporto e di energia con gli altri strumenti esistenti, come il c.d. Processo di Berlino riguardante i Balcani occidentali e la Comunità dell’energia (secondo pilastro), la necessità di mutuare la best practice della strategia danubiana attinente la creazione di una rete di autorità di gestione del Fondo sociale europeo (ad es. per il coordinamento dei corsi di formazione finalizzati alla creazione di posti di lavoro) oppure quella della strategia baltica che ha istituito una rete delle autorità di gestione del Fondo europeo di sviluppo regionale, del Fondo di coesione e dello Strumento di assistenza preadesione per facilitare l’attuazione della strategia. Infine deve essere potenziata l’informazione e la comunicazione e quindi EUSAIR dovrebbe mettere a punto degli strumenti per migliorare l’accesso alle informazioni circa i finanziamenti europei.

La quarta e ultima strategia ad essere lanciata è stata la strategia regionale dell’Ue per la regione alpina (EUSALP), presentata dalla Commissione nel luglio 2015 e approvata dal Consiglio europeo nel giugno 2016 [6]. Comprensibilmente, essendo ancora in una fase iniziale, per stessa ammissione della Commissione «non è ancora possibile trarre conclusioni sull'attuazione della strategia» anche se le strutture e le regole della governance, a grandi linee, sono state da subito definite, potendo contare su strumenti di cooperazione e sinergia già abbastanza risalenti. Anche aver approntato il programma Interreg Spazio alpino a supporto della strategia di certo tornerà utile in futuro e contribuirà a raggiungere dei risultati tangibili. Le sfide, ovviamente, sono tutte in piedi in quanto un solo anno di attuazione non avrebbe mai potuto portare alla soluzione anche di solo una di esse. Quindi il potenziamento della crescita economica e dell’innovazione, il miglioramento della connessione e la tutela ambientale, ma anche sfide riguardanti l’allineamento dei finanziamenti comunitari, la governance macroregionale, lo sviluppo della piattaforma degli stakeholder, il monitoraggio e la comunicazione. Per quanto concerne le raccomandazioni si segnalano il lancio e lo sviluppo dei primi progetti faro, la creazione della piattaforma degli stakeholder e il coinvolgimento degli attori del settore privato, il completamento della struttura e delle regole della governance, la garanzia di un’effettiva cooperazione tra i leader dei Gruppi d’azione EUSALP e i coordinatori nazionali e la predisposizione rapida di un piano di comunicazione e informazione per la divulgazione dei risultati della strategia.

4. Conclusioni. – In definitiva, per tracciare delle conclusioni, si può dire che lo stato di avanzamento dell’attuazione delle strategie presenta aspetti positivi e incoraggianti, da valorizzare e potenziare ulteriormente, ma questo non deve far passare in secondo piano gli aspetti negativi e le carenze che nei casi più gravi potrebbero mettere a repentaglio il futuro del processo. Senz’altro il fatto di essere state istituite da più tempo ha dato un oggettivo vantaggio alle strategie baltica e danubiana in termini di risultati raggiunti e quindi di valutazione positiva. La strategia adriatico-ionica e a maggior ragione quella alpina non hanno avuto ancora il tempo necessario per esprimere il loro potenziale. Tuttavia, il successo di una strategia regionale è dovuta anche ad altri fattori: titolarità del processo, leadership, buona governance interna, capacità di combinare in maniera lungimirante e efficace i diversi strumenti di finanziamento, la capacità di comunicare e disseminare i risultati raggiunti e anche le politiche, le azioni e i flagship project attuati.

Luigi D’Ettorre

NOTE

[1] Stati parti della EUSBSR sono Germania, Svezia, Finlandia, Danimarca, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia.

[2] Germania, Austria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovenia, Croazia, Romania e Bulgaria per quanto riguarda gli Stati membri dell’Ue, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Repubblica di Moldova e Ucraina, paesi non membri Ue, di cui i primi tre in adesione, mentre gli altri due del partenariato orientale.

[3] Il portale di Interreg è al seguente indirizzo web: www.adrioninterreg.eu/, mentre per un suo primo commento si v. la nota informativa disponibile su questo stesso portale intitolata L’UE vara il programma ADRION per la macroregione adriatico-ionica e disponibile al seguente indirizzo: https://www.europeiunite.eu/articoli/l-ue-vara-il-programma-adrion-per-la-macroregione-adriatico-ionica-02-10-2015/21-4698.html.

[4] La presenza dell’IPA è dovuta al fatto che tra gli otto Stati parti di EUSAIR ce ne sono quattro non membri dell’Unione ma che, avendo avviato da tempo i negoziati per l’adesione, godono di questo importante strumento di finanziamento. Questi quattro paesi sono Serbia, Montenegro, Albania e Bosnia-Erzegovina, mentre i quattro paesi membri dell’Ue sono Italia, Grecia, Slovenia e Croazia.

[5] Per approfondire quanto deciso al Forum di Dubrovnik, in particolare il contenuto della Dichiarazione adottata nelle giornate del 12 e 13 maggio 2016, si rimanda alla nota informativa pubblicata su questo stesso portale intitolata “Dichiarazione di Dubrovnik e altre conclusioni del 1° Forum della strategia dell’UE per la regione adriatico-ionica”, disponibile all’indirizzo: https://www.europeiunite.eu/articoli/dichiarazione-di-dubrovnik-e-altre-conclusioni-del-1-forum-della-strategia-dell-ue-per-la-regione-adriatico-ionica-14-05-2016/21-4700.html

[6] I paesi che ne fanno parte, tutti distribuiti rigorosamente intorno all’arco alpino, sono sette: cinque membri Ue (Austria, Francia, Germania, Italia e Slovenia) e due paesi terzi (Liechtenstein e Svizzera). Inoltre sono coinvolte ben 48 Regioni, attori chiave in questa strategia, vista anche la natura federale o regionalista della stragrande maggioranza dei paesi membri.

 

 
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