EUROPEI UNITE

Conclusioni del Consiglio GAI, 3-4 dicembre 2015: al centro apolidia, PNR e riforma del Tribunale. Vertice UE-Turchia del 29 novembre 2015

09 December 2015
Categoria: Giustizia e affari interni,

Il 3 ed il 4 dicembre, a Bruxelles, i Ministri degli Interni e della Giustizia degli Stati membri dell’Unione europea si sono riuniti per discutere i punti all’ordine del giorno rispetto alle due formazioni: per la Giustizia, i passi da compiere per giungere all’istituzione della procura europea e le discussioni generali sui progressi dei negoziati in seno al Parlamento europeo attorno ai dati del codice di prenotazione (passenger name record - PNR) che rientra nella più generale strategia della lotta al terrorismo; da entrambe le formazioni è stata invece affrontata la questione della migrazione tramite l’adozione di conclusioni sull’apolidia. Infine, il Consiglio ha adottato un regolamento relativo alla riforma del Tribunale.

1. Di particolare rilievo è stata l’approvazione da parte del Consiglio del testo di compromesso concordato con il Parlamento europeo riguardo alla proposta di direttiva della Commissione europea sull’uso dei dati del codice di prenotazione a fini della prevenzione, dell’accertamento, dell’indagine e dell’azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi. Il trasferimento e il trattamento dei dati PNR consentirà alle autorità preposte l’identificazione di sospetti che in precedenza non erano noti. La motivazione di tutto ciò va rintracciata nell’abolizione dei controlli alle frontiere interne dell’Unione e alla necessità di bilanciarla con il crescente bisogno di sicurezza che passa anche tramite i controlli sempre più intensi alle frontiere esterne.

Secondo la nuova direttiva i vettori aerei saranno obbligati a fornire alle autorità degli Stati membri i dati PNR per i voli in arrivo o in partenza dall’UE. La direttiva consentirà inoltre agli Stati membri, senza obbligarli, di raccogliere i dati PNR in relazione a voli intra UE selezionati. I dati saranno conservati per sei mesi, dopo di che saranno criptati e conservati per altri quattro anni e mezzo, con una rigorosa procedura per accedervi.

Le norme della direttiva conterranno nuovi standard e protocolli comuni per gli Stati membri in quanto i dati PNR potranno essere usati per varie finalità quali effettuare, prima dell’arrivo previsto in uno Stato membro o della partenza prevista da uno Stato membro, una valutazione dei passeggeri che consenta di identificare quelli da sottoporre ad ulteriore verifica da parte delle autorità competenti; aggiornare o definire i criteri per l’effettuazione di tali valutazioni; rispondere, caso per caso, alle richieste delle autorità competenti di trasmettere o trattare dati PNR riguardanti casi specifici. Inoltre, al contrario di quanto avveniva in passato, il PNR conterrà informazioni quali il nome, la data di viaggio, l’itinerario, il posto assegnato, i bagagli, i dati di contatto e le modalità di pagamento.

Nonostante alcune rassicurazioni, sono tuttavia giunte critiche da più parti sulla salvaguardia dei diritti fondamentali quali quello alla protezione dei dati personali, al rispetto della vita privata e alla non discriminazione. Le tutele riguardano l’aver previsto una serie di limitazioni al trasferimento, al trattamento e alla conservazione dei dati PNR in quanto sono vietati la raccolta e l’uso di dati sensibili; il fatto che i dati PNR possano essere conservati soltanto per un periodo di quattro anni e mezzo e devono essere resi anonimi dopo 30 giorni; il fatto che gli Stati membri abbiano l’obbligo di istituire una unità che sia unicamente responsabile della gestione e della protezione dei dati e preposta alla registrazione e alla documentazione di tutti i trattamenti di dati PNR; il fatto che gli Stati membri debbano provvedere affinché i passeggeri siano informati in modo chiaro della raccolta dei dati PNR e dei loro diritti e che le decisioni che comportino conseguenze giuridiche negative per una persona, o la danneggino in modo significativo, non possano essere prese soltanto sulla base del trattamento automatico dei dati PNR; in ultimo il fatto che il trasferimento dei dati PNR a paesi terzi possa avvenire esclusivamente in circostanze molto limitate e soltanto caso per caso.

L’UE ha già concluso accordi che consentono ai vettori dell’UE di trasmettere i dati PNR agli Stati Uniti, all’Australia e al Canada e nel giugno 2015 il Consiglio ha adottato una decisione che autorizza l’avvio di negoziati in vista di un accordo con il Messico.

2. Quella dell’apolidia è una condizione che non permette al soggetto senza cittadinanza di godere di diritti, di partecipare alla vita politica di qualsiasi sistema e di fruire dei benefici sociali che uno Stato assicura invece a chi una cittadinanza ce l’ha. L’UNHCR ha stimato che nel mondo gli apolidi siano circa 10 milioni di persone. Per questa ragione, e a causa del fatto che il Trattato di Lisbona non prevede specifiche basi giuridiche per uniformare o per armonizzare la condizioni giuridica degli apolidi (manca un riferimento specifico anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE) il Consiglio GAI ha deciso di adottare delle conclusioni relative alla condizione degli apolidi. Tuttavia, una precisazione è d’obbligo e cioè quella per cui la competenza sull’acquisizione della cittadinanza ricade esclusivamente in capo agli Stati membri. Di conseguenza il Consiglio ha potuto semplicemente ricordare quali strumenti siano già stati messi in campo per fronteggiare la situazione di esclusione nella quale vengono a trovarsi gli apolidi e in particolare è stato richiamato il fondo Asilo, Migrazione e Integrazione previsto per gli anni 2014-2020 che può essere usato per finanziare misure finalizzate all’integrazione degli apolidi nelle comunità che li ospitano. Inoltre, è stata richiamata l’importanza dell’identificazione di queste persone proprio per assicurare loro un nucleo di diritti fondamentali e ridurre così il rischio di discriminazioni. Sulla base di quanto richiamato e tramite le direttive n. 2000/43/CE sulla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica e n. 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in tema di occupazione e di condizioni di lavoro, il Consiglio ha invitato la Commissione a lanciare un forum consultivo in cui gli Stati membri possano far circolare le buone pratiche messe in campo riguardo ai meccanismi nazionali di protezione degli apolidi per raggiungere lo scopo già delineato a livello internazionale nel 1961, e cioè quello di ridurre l’apolidia nel mondo.

3. Il 3 dicembre 2015 il Consiglio ha adottato anche un regolamento relativo alla riforma del Tribunale, una delle tre giurisdizioni della Corte di giustizia dell’Unione europea. La riforma si è resa necessaria per consentire al Tribunale di fronteggiare l’aumento del carico di lavoro in quanto l’accesso alla giustizia poteva essere vanificato a causa dei tempi lunghi di attesa.

La riforma prevede un aumento progressivo del numero di giudici del Tribunale che sarà di 12 unità a fine dicembre 2015 e la sua fusione con il Tribunale della funzione pubblica. Nel settembre 2016 i sette posti di giudice del Tribunale della funzione pubblica saranno trasferiti al Tribunale, a cui saranno assegnati altri nove giudici nel settembre 2019. Pertanto, alla fine del processo, i giudici saranno in totale 21.

L’aumento del numero di giudici dovrà consentire al Tribunale di emettere sentenze entro un periodo di tempo ragionevole, così come vuole l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. Dovrà inoltre permettere al Tribunale di pronunciarsi su un maggior numero di cause in sezioni di cinque giudici o in grande sezione, per garantire, come si legge nel comunicato stampa, una deliberazione più approfondita sui casi importanti.

Un ulteriore obiettivo della riforma è assicurare la parità di genere nella composizione del Tribunale.

Per quanto riguarda infine i costi dell’aumento del numero di giudici a 21 unità e della fusione del Tribunale della funzione pubblica con il Tribunale, essi dovrebbero essere pari a 13,5 milioni di euro l’anno. In questo momento è in corso il processo di nomina dei 12 giudici supplementari che saranno esaminati ed intervistati dal comitato istituito sulla base dell’art. 255 TFUE il cui compito è quello di fornire un parere sull’adeguatezza dei candidati prima che i rappresentanti dei governi degli Stati membri decidano in merito alle nomine.

4. Il 29 novembre 2015 a Bruxelles, si è svolto un incontro tra i leader dei paesi membri dell’Unione europea e il Primo ministro turco Ahmet Davutoğlu durante il quale si è giunti ad un accordo riconoscendo l’importanza che lo Stato turco riveste nel controllo dei migranti in viaggio verso l’Unione. La Turchia è infatti una delle principali rotte attraverso le quali giungono irregolarmente gli immigrati in Europa e al momento ospita 2,2 milioni di profughi siriani. Per questa ragione, e sulla base di quanto auspicato dal Consiglio europeo nelle ultime linee guida politiche sullo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l’Unione ha preferito prevedere un piano d’azione per il controllo dei flussi migratori volto a trattenere in Turchia proprio i cittadini siriani che fuggono dalla guerra. L’accordo prevede che l’Unione destinerà 3,5 miliardi di euro del bilancio comunitario e 2,5 miliardi di euro provenienti dagli Stati membri alla Turchia con la possibilità di aumentare gli attuali fondi previsti.

Se da un lato, la soluzione sembra essere una delle poche vie percorribili per far fronte all’afflusso massiccio di immigrati, sicuri beneficiari del diritto di asilo europeo, dall’altro, non possono mancare critiche contro l’Unione sia perché, nonostante le garanzie elargite, la Turchia mantiene comportamenti a dir poco ambigui per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali, sia perché l’Unione europea tende a spostare al di fuori dei suoi confini un problema, quello dell’enorme emergenza dei profughi e degli immigrati irregolari in senso ampio, che sembra non appartenerle ma che, nonostante i cordoni della borsa si aprano anche per alcuni Stati africani, continua a riproporsi.

L’Unione europea si dimostra ancora incapace di affrontare alla radice determinati problemi, «chiudendoli fuori la porta» e non rendendosi conto che «rientrano dalla finestra».

Luisa Di Fabio

Per saperne di più:

Proposta di direttiva sull’uso dei dati del codice di prenotazione a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi - 2011/0023 (COD)

Lotta al terrorismo

Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del protocollo n. 3 sullo statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea

 
Consiglio Europeo
Parlamento Europeo
Commissione Europea
Corte di Giustizia dell'Unione Europea
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