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Ambiente, allargamento, spazio Schengen e Procura europea, le Conclusioni del Consiglio Affari Generali di febbraio

10 February 2017
Categoria: Affari generali,

Il 7 febbraio 2017 si sono riuniti a Bruxelles i Ministri degli Stati membri nella formazione del Consiglio UE Affari Generali. Come di consueto i temi al centro della riunione sono stati molteplici e hanno riguardato da un lato la preparazione del Consiglio europeo che si terrà a marzo e la discussione intorno ad un futuro sostenibile per l’Europa; dall’altro, sono state approvate conclusioni su argomenti contenuti nei settori della giustizia e degli affari interni, della politica di allargamento, della politica commerciale, del mercato interno e, infine, dell’ambiente.

1. Preparazione del Consiglio europeo. Il 9 e il 10 marzo 2017 si terrà la riunione primaverile del Consiglio europeo durante la quale i Capi di Stato e di Governo dell’UE si concentreranno su un’agenda che vedrà al centro il lavoro, la crescita e la competitività dell’Unione, la sicurezza e le relazioni esterne.

Per quanto attiene al primo tema, il Consiglio europeo dovrà affrontare una situazione ancora difficile, che non permette (almeno per alcune zone dell’Unione) di poter sostenere a pieno titolo di essere usciti dalla crisi economica e finanziaria. Per tale ragione, il Consiglio europeo dovrebbe promuovere investimenti, crescita e occupazione per consentire ai cittadini europei di godere del benessere economico e della prosperità. Il Consiglio europeo esaminerà l’attuazione delle riforme strutturali da parte degli Stati membri; farà il punto sulle priorità legislative che comprendono la strategia per un ulteriore approfondimento del mercato unico, quella relativa al mercato unico digitale, il piano d'azione dell'Unione sui mercati dei capitali e quello per l’attuazione dell’unione energetica, anche in linea con il Programma della Commissione europea per il 2017.

Per quanto riguarda invece gli altri temi, ovvero la sicurezza e le relazioni esterne, il Consiglio europeo dovrà valutare in termini qualitativi e quantitativi i recenti sviluppi e i passi avanti da fare.

2. Un futuro sostenibile per l’Unione europea. Nel novembre del 2016 la Commissione europea ha presentato una Comunicazione contenente le azioni da fare nel campo della sostenibilità per provvedere all’attuazione dell’Agenda per uno sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015.

In breve, l’Agenda elaborata dall’ONU mette sul piatto della bilancia una serie di azioni da compiere entro il 2030 rivolte al miglioramento delle condizioni  delle persone e del pianeta. Due dei suoi obiettivi principali, più ambiziosi e più complessi sono certamente l’eliminazione graduale della povertà e della fame e la protezione del pianeta dal degrado attraverso gestione, produzione, consumo e uso delle risorse naturali sostenibili. I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e i 169 obiettivi correlati sono di natura globale, universalmente applicabili e interconnessi. Tutti i paesi, quelli sviluppati come quelli in via di sviluppo, hanno la responsabilità condivisa di conseguirli. L’Agenda 2030 integra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (economica, sociale e ambientale) e riflette per la prima volta un consenso internazionale sul fatto che la pace, la sicurezza, la giustizia per tutti e l’inclusione sociale non sono obiettivi da perseguire soltanto singolarmente ma si rafforzano a vicenda.

Da questa breve panoramica emerge che le attuali politiche dell’UE in campo ambientale includono tutti i 17 obiettivi dell’ONU; inoltre, per l’attuale Commissione europea, lo sviluppo sostenibile viene integrato in progetti trasversali così come in politiche e iniziative settoriali. Infatti, la strategia dell’UE per lo sviluppo sostenibile è stata lanciata nel 2001, riveduta nel 2006 e riesaminata nel 2009. Dal 2010 lo sviluppo sostenibile è stato integrato nella strategia Europa 2020, confermata nel 2014 e incentrata sull’istruzione e sull’innovazione (“intelligente”), su basse emissioni di carbonio, sulla resistenza ai cambiamenti climatici e sull’impatto ambientale (“sostenibile”), nonché sulla creazione di posti di lavoro e sulla riduzione della povertà (“inclusiva”).

Proprio la Comunicazione della Commissione è stata oggetto del dibattito tra i Ministri degli affari europei che hanno deciso di trasmetterla ad altre formazioni del Consiglio dell’Unione per essere poi discussa nuovamente nel Consiglio di giugno.

3. Giustizia e affari interni. Per quanto riguarda il tema della giustizia e degli affari interni, i Ministri hanno discusso di:

a) Spazio Schengen. Come noto, la crisi dei migranti continua a minare le relazioni interne all’Unione. Nella seduta del 7 febbraio scorso il Consiglio ha adottato una decisione di esecuzione che contiene una raccomandazione per la proroga del controllo temporaneo alle frontiere interne in circostanze eccezionali. Il 4 maggio 2016, infatti, la Commissione europea aveva ritenuto che si stessero verificando le condizioni previste dall’art. 29 del codice frontiere Schengen, secondo il quale proprio la Commissione può proporre una raccomandazione, che deve essere a sua volta adottata dal Consiglio a maggioranza qualificata, per ripristinare, come extrema ratio, i controlli alle frontiere interne tra gli Stati membri. I controlli, che possono essere introdotti per un massimo di sei mesi e possono essere prorogati per ulteriori periodi di sei mesi fino ad un massimo di due anni, dovrebbero essere ripristinati l’11 febbraio prossimo in Austria, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia per il trimestre successivo. Come è specificato nelle Conclusioni del Consiglio, tali Stati dovrebbero esercitare un controllo mirato e limitato alle necessità di fermare i flussi clandestini e di proteggere l’ordine pubblico.

b) Frodi e procura europea. Il Consiglio ha confermato che è stato raggiunto un accordo politico con il Parlamento europeo sulla proposta di direttiva per il rafforzamento della tutela degli interessi finanziari dell’Unione, la cosiddetta “Direttiva PIF”. La proposta di direttiva prevede definizioni comuni per una serie di reati a danno del bilancio dell’UE, tra cui i casi di frode e altri reati connessi come la corruzione attiva e passiva, l’appropriazione indebita di fondi, il riciclaggio di denaro. Per quanto concerne l’accordo finale raggiunto con il Parlamento europeo, nell’ambito di applicazione della direttiva rientreranno anche i casi gravi di frode IVA transfrontaliera, laddove sia superata la soglia dei 10 milioni di euro. Obiettivo della “direttiva PIF” è scoraggiare i frodatori, migliorare il perseguimento e i regimi sanzionatori in caso di reati commessi a danno del bilancio dell’UE e facilitare il recupero dei fondi dell'UE indebitamente utilizzati, rafforzando in tal modo la tutela dei contribuenti dell’UE. Tali norme comuni contribuiranno a garantire condizioni di parità e a migliorare le indagini e le azioni penali in tutta l’Unione. La direttiva introduce anche norme minime sui termini di prescrizione entro cui si devono svolgere le indagini e avviare le azioni giudiziarie, nonché sulle sanzioni, incluse le pene detentive per i casi più gravi al fine di rafforzare l’effetto deterrente.

Di tutt’altro tenore sono state le discussioni intorno all’istituzione della Procura europea (EPPO). Infatti, il Consiglio non ha potuto far altro che registrare la mancanza di unanimità a sostegno della proposta di regolamento che istituisce l’EPPO. Si rammenta che l'EPPO sarebbe un organo indipendente dell’Unione con facoltà, a determinate condizioni, di indagare e perseguire reati di frode ai danni dell’UE e altri reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. Dopo quasi sette anni di difficili discussioni, l’istituzione della Procura europea si trova ad un punto morto; tuttavia, in questo caso, l’art. 86 TFUE prevede che, in mancanza di unanimità sul regolamento istitutivo dell’EPPO, almeno nove Stati membri possono chiedere di sottoporre il testo all’esame del Consiglio europeo che ha a sua disposizione un periodo di massimo quattro mesi per giungere ad un consenso. In caso contrario, un gruppo di almeno nove Stati membri può esprimere la volontà di dare vita ad una cooperazione rafforzata in materia.

c) Accordi di esenzione dal visto. Nell’ambito della politica dei visti, il Consiglio ha adottato decisioni che riguardano gli accordi di esenzione del visto per i cittadini provenienti da alcune isole del Pacifico meridionale quali Kiribati, la Micronesia, le Isole Salomone, Tuvalu e le Isole Marshall. I cittadini di tali Stati (come accade anche per altri), in forza di diversi regolamenti dell'UE sono infatti esentati dall'obbligo del visto di ingresso per i viaggi di breve periodo, ovvero per permanenza sul suolo dell'Unione fino a tre mesi dall'arrivo.

4. Allargamento. Nell’ambito delle relazioni con i Paesi vicini e della politica di allargamento, il Consiglio ha adottato il regolamento che determina le procedure di applicazione dell’accordo di stabilizzazione e associazione con il Kosovo, in questo caso specifico per la materia della politica commerciale. L’accordo prevede infatti che determinati prodotti dell’agricoltura e della pesca originari del Kosovo possano essere importati nell’Unione applicando un’aliquota ridotta del dazio doganale, entro i limiti di contingenti tariffari.

Per quanto riguarda invece il Montenegro, il Consiglio ha adottato alcune conclusioni in merito ad una relazione presentata nel 2016 dalla Corte dei conti europea che fa il punto sul Paese balcanico: il report aveva lo scopo di verificare se il sostegno fornito dalla Commissione al Montenegro avesse efficacemente contribuito a rafforzare la capacità amministrativa del Paese in vista dell’adesione all’Unione. La Corte dei conti ha concluso che, nonostante i lenti progressi riscontrati in diversi ambiti fondamentali, l’assistenza preadesione dell’UE ha contribuito a potenziare la capacità amministrativa del paese nel corso del periodo in esame (2007-2013). Tuttavia, la Corte ha osservato che in alcuni casi le autorità nazionali hanno avuto un ruolo debole nell’intraprendere le riforme attese e ciò ha comportato il mancato raggiungimento degli obiettivi programmati. Per tale ragione, i giudici della Corte dei Conti ha raccomandato alla Commissione alcune modalità di intervento incentrate sul miglioramento dei risultati.

5. Politica commerciale. Nel campo della politica commerciale il Consiglio Affari generali ha adottato in seconda lettura il regolamento che abroga il contingentamento delle importazioni di prodotti tessili e di abbigliamento provenienti dalla Bielorussia. Tale atto modifica il regolamento precedente, il n. 2015/936 e fa seguito al rilascio dei prigionieri politici avvenuto nell’agosto 2015 e ad altre iniziative positive intraprese dalla Bielorussia che hanno contribuito alla distensione del clima nei rapporti con l’Unione. Il Consiglio ha tuttavia ricordato che, se la situazione dei diritti fondamentali nel paese dell’Europa orientale dovesse nuovamente deteriorarsi, in futuro ci sarà un nuovo ricorso alle quote di importazione all’interno dell’Unione dei prodotti bielorussi. Si rammenta brevemente che la Bielorussia, ex paese gravitante nell’orbita sovietica, ha risentito fortemente del distacco dal sistema economico che si era costituito tra i paesi socialisti. Inoltre, continuano a pesare sulla sua economia le conseguenze dell’esplosione del reattore nucleare di Černobyl´ che ha contaminato ampie parti del suolo destinato all’agricoltura (soprattutto nella zona sud-orientale del paese più vicino all’Ucraina) e che costituiscono tuttora un fattore che limita l’attività agricola e il decollo di un’economia turistica. La crisi nei rapporti con i paesi europei ha invece raggiunto il culmine nel 2004 quando giunse una nuova condanna da parte del Consiglio d’Europa per le violazioni dei diritti umani sul suolo bielorusso. Gli osservatori internazionali hanno inoltre giudicato irregolari sia le votazioni presidenziali del 2006 e del 2010, sia le parlamentari del 2008 e del 2012, in cui tutti i seggi del Parlamento sono stati assegnati a esponenti del partito maggioritario. Solo nel 2016, per la prima dopo un ventennio, sono stati eletti in Parlamento due rappresentanti dell’opposizione.

Sono molteplici le organizzazioni internazionali che da anni affrontano la situazione nel Paese, sottolineando che le libertà civili e politiche sono pressoché inesistenti in quanto la Bielorussia continua a perpetrare violenze nei confronti degli oppositori politici e ad attuare sistematiche intimidazioni agli organi di stampa; nei rapporti di Amnesty International viene evidenziata la persistenza di violazioni dei diritti umani fondamentali quali la libertà di opinione, di espressione e di associazione, mentre Human Rights Watch riporta che grazie alla sua opposizione e a quella di altre 40 ONG, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha rifiutato la richiesta avanzata dalla Bielorussia di ottenere un seggio al Consiglio per i diritti umani dell’ONU, poiché non il Paese presenta standard adeguati di rispetto dei diritti umani fondamentali.

6. Mercato interno. Il Consiglio ha deciso di non opporsi all’adozione da parte della Commissione europea di due regolamenti che completano il regolamento (UE) n. 2016/1628 e che stabiliscono, da un lato, limiti di emissione e di omologazione per i motori a combustione interna per le macchine mobili non stradali, e dall’altro, il monitoraggio delle emissioni di inquinanti gassosi prodotti dai motori a combustione interna installati proprio sulle macchine mobili non stradali. I regolamenti della Commissione sono atti delegati ai sensi dell’art. 290 TFUE. Infatti, se il Parlamento europeo non si opporrà, essi potranno entrare in vigore.

I regolamenti sono stati necessari per raggiungere l’obiettivo della riduzione progressiva delle emissioni e per eliminare le attrezzature più inquinanti in quanto le macchine mobili non stradali (NRMM) impiegano un’ampia varietà di motori per scopi di trasporto di persone o merci e contribuiscono all'inquinamento dell’aria emettendo ampie quantità di gas di scarico.

7. Ambiente. Il Consiglio ha rivisto nell’ambito delle politiche ambientali – e in particolare per la biodiversità e i servizi per gli ecosistemi – una posizione dell’Unione riguardante il suo status all’interno della International Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES). La Piattaforma è un organismo intergovernativo che valuta lo stato della biodiversità e dei servizi ecosistemici all’interno delle società complesse come sono quelle odierne ed è stata fondata nel 2012 a Panama da oltre 100 governi allo scopo di ottenere informazioni scientifiche in risposta alle richieste dei policy makers. Attualmente al suo interno oltre un migliaio di scienziati rappresentano 126 governi. Lo scopo di IPBES è quello di rafforzare le relazioni tra la scienza e la politica nell’ottica della conservazione e dell’uso sostenibile della biodiversità, del benessere umano e dello sviluppo sostenibile. L’Unione europea vorrebbe rivedere la sua posizione all’interno di questo organismo per accrescere il proprio ruolo fino ad arrivare alla piena adesione all’IPBES.

Luisa Di Fabio

Per saperne di più:

Il futuro sostenibile dell'Europa: prossime tappe - L'azione europea a favore della sostenibilità COM (2016) 739

Relazione speciale della Corte dei Conti sul Montenegro

Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES)

 

 
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